Il Sacro Catino di Genova


Questo articolo è apparso sul numero 62 anno XIII di Luglio-Agosto 2005 di Scienza & Paranormale rivista del CICAP




Il turista che ha appena terminato la visita all’Acquario di Genova voltando le spalle al mare si ritrova in una piazza in cui dalla parte opposta inizia il centro storico medievale della città, qualcuno può rimanere spaventato dal dedalo di vicoli (i famosi caruggi), popolati dalla più varia umanità proveniente dagli angoli più svariati del mondo, tanto da ricordare a qualcuno i suk arabi.
Proprio al centro di questa piazza sorge un palazzo sorprendente: questo palazzo ha la facciata principale completamente affrescata. Si tratta di Palazzo San Giorgio, ora sede dell’autorità portuale, ma anticamente sede del Banco di San Giorgio, in altre parole la principale banca della Repubblica di Genova. Gli affreschi purtroppo non sono antichi, il tempo e le ingiurie dell’uomo li avevano fatti quasi sparire, ma per le celebrazioni Colombiane del 1992 furono rifatti, riproducendo le immagini preesistenti, gli affreschi oltre ad un San Giorgio che uccide il drago, simbolo del palazzo tutto, imitano delle statue come se fossero parte della facciata, statue dedicate ai personaggi storici di Genova, notiamo naturalmente Cristoforo Colombo.
Tra gli altri personaggi ce né uno in particolare in armatura medievale proprio a destra del balcone su cui sono appese le bandiere di Genova, quella Italiana e quella dell’Unione Europea, anzi il personaggio è proprio sotto la bandiera Europea. Si tratta di Guglielmo Embriaco detto Testa di Maglio (da qui abbiamo forse una traccia del carattere di Guglielmo), ebbene la cosa che quasi non si nota è l’oggetto che tiene in mano, infatti, nella mano sinistra regge una specie di piatto, si tratta del cosiddetto Sacro Catino.
Guglielmo Embriaco
Racconta Iacopo da Varagine, nella Leggenda Aurea che durante la prima Crociata (XI secolo), i soldati genovesi al comando appunto di Guglielmo Embriaco abbiano partecipato nel 1101 alla presa della città di Cesarea, e qui abbiano ritrovato nientemeno che il piatto di smeraldo in cui Gesù Cristo mangiò durante l’Ultima Cena.
Il piatto portato da Guglielmo a Genova sarebbe così diventato uno dei tesori più preziosi della città. Oggi è conservato nel tesoro della Cattedrale di San Lorenzo; sita non troppo distante da palazzo San Giorgio, per raggiungerla, infatti, basta costeggiare il retro del palazzo dirigendosi a destra voltando le spalle al mare e prendendo poi a sinistra per la strada finalmente pedonale (Via San Lorenzo appunto) che sale verso la cattedrale e poi raggiunge Palazzo Ducale, antica sede dei Dogi reggitori della Repubblica.
Arrivati nella piazza davanti alla chiesa, che curiosamente è asimmetrica giacché il campanile di sinistra è notevolmente più basso dell’altro,
San Lorenzo

dobbiamo entrare attraverso il portone principale e poi addentrarci nella navata sinistra fino a raggiungere l’ingresso dei locali del Tesoro.
Interno della cattedrale

Ecco che abbiamo una sorpresa, i locali sotterranei sono stati costruiti come delle stanze circolari detta a “tholos” ,

Qui sono conservati oltre al Sacro Catino altri oggetti mirabili, come il piatto in onice che la tradizione afferma sia quello su cui fu posata la testa mozzata di San Giovanni Battista; la suggestione è veramente notevole tra il buio che nasconde le mura e la luce che inonda i reperti.
Torniamo al nostro oggetto, in una delle stanze rotonde, sotto una copertura cilindrica di vetro abbiamo il Catino, e la prima cosa che notiamo che è rotto, infatti, quando Genova fu conquistata dai Francesi di Napoleone Bonaparte il piatto fu portato a Parigi e quando nel 1816 fu restituito ritornò a Genova rotto in 10 pezzi più uno mancante, da allora ha subito più restauri, l’ultimo nel 1951.
Il Catino è un vaso esagonale di materiale trasparente di un verde brillante,tanto che all’epoca in cui venne portato a Genova si credette fosse di smeraldo.
Ora è il momento di vedere quali misteri nasconde il Sacro Catino di Genova, il primo è il più importante, esso è veramente il piatto dove Nostro Signore mangiò durante l’Ultima Cena?
Se fosse così come afferma Iacopo da Varagine saremmo di fronte nientemeno che al Santo Graal, infatti, Iacopo scrive che secondo certi “Libri Inglesi” il discepolo Nicodemo deposto Gesù dalla Croce avrebbe raccolto il Suo sangue in un vaso di smeraldo, vaso che poi avrebbe portato a Cesarea.
La storia del Santo Graal è una dei più noti miti europei, nata attorno all’anno mille forse basata sulla precedente leggenda celtica del calderone che forniva cibo in abbondanza, si è poi sviluppata fino a inglobare la storia di Re Artù e dei suoi cavalieri che dovevano compiere l’impresa di ritrovare appunto la Sacra Reliquia dell’Ultima Cena.
Il mito poi coinvolse autori fino ai nostri giorni, basta ricordare il film “Indiana Jones e l’ultima crociata” di Steven Spielberg.
Il nostro Catino come si è detto sarebbe stato ritrovato dai crociati del contingente genovese durante la I° Crociata, secondo un testo della seconda metà de XII secolo scritto da Guglielmo arcivescovo di Tiro, i crociati avrebbero trovato in un tempio costruito da Erode, il piatto di smeraldo e lo avrebbero comprato a caro prezzo. Secondo altri autori invece i genovesi accettarono il Catino in cambio della loro parte di bottino, comprendente la terza parte della città di Cesarea!
Curioso che Caffaro autore degli Annales e di Liber de liberatione civitatum Orientis, un cavaliere che fece parte della spedizione, non faccia assolutamente menzione del Catino nei suoi scritti.
Col passare dei secoli la documentazione si fa più precisa, tra i fatti più documentati c’è quello in cui il Cardinale Luca Fieschi, ottiene il Catino in pegno del prestito di 9500 lire da lui fatto al Comune. Questo episodio è degno di nota poiché il Cardinal Fieschi era appena tornato da una missione in Inghilterra, appena qualche anno prima che re Edoardo III istituisse a Windsor una “tavola rotonda” e quindi era stato testimone della rinascita della tradizione del Graal nelle isole britanniche. Il comune nel 1327 riscattò il catino e stabilì che in avvenire non potesse più essere impegnata né portata fuori dalla sacrestia della Cattedrale. Da questo momento sono molti gli autori che nominano la reliquia, e addirittura si racconta che Boucicault governatore francese di Genova nel 1409 ne avesse tentato il furto, e nel 1470 Anselmo Adorno lo descrive con precisione, anche se poi riesce a confonderlo con il piatto nel quale era stata posta la testa del Battista, anch’esso conservato in San Lorenzo.
Sempre alla fine del 400 si sparse la voce che anche Venezia stesse tentando il furto, e nel 1522 l’esercito di Luigi XII saccheggiò Genova, ma non riuscì ad impossessarsi del tesoro della Cattedrale sia per la resistenza dei preti sia perché i Padri del Comune pagarono 1000 ducati al Capitano che assediava la sacrestia.
Da allora il Catino venne assai poco mostrato in pubblico, e chi lo descrisse dopo cominciò a darne delle descrizioni discordanti, fino a far nascere il dubbio che per impedirne il furto ne venne fatta una copia con delle misure diverse, specie nell’altezza, in quanto nel 1726 Gaetano di Santa Teresa lo dice alto 8 once genovesi cioè 16 cm mentre quello esposto oggi è solo 9 cm. Altre descrizioni fatte nei secoli seguenti sono in disaccordo.
Arriviamo al 1806 quando per ordine di Napoleone Bonaparte il Catino fu sequestrato e portato a Parigi e depositato presso il Cabinet des Antiques della Bibliothèque Imperiale qui alcuni accademici lo esaminarono e lo dichiararono un’opera d’arte Bizantina in pasta di vetro, anche se di colore molto particolare, e concludevano che il problema dell’altezza differente fosse solo un errore di Gaetano di Santa Teresa.
Caduto l’Impero francese il 14 Giugno 1816 il Catino venne restituito alla città di Genova, ma rotto in dieci pezzi. Non solo ne mancava uno, si dice sparito durante il viaggio oppure trattenuto i Francia e conservato al Louvre, come afferma l’autore tedesco Suida. Dopo il ritorno a Genova la reliquia subì un primo restauro nel 1908 e poi quello definitivo del 1951, per poi essere esposto nel museo progettato da Franco Albini, inaugurato nel 1956.
Gli studi seguenti hanno poi posdatato l’opera ritenendola un manufatto Islamico del IX-X secolo.
In conclusione possiamo dire che i misteri riguardanti, il Sacro Catino di Genova sono principalmente tre:

1) Come e da chi venne portato a Genova?
2) Quello che vediamo adesso è l’originale o la copia fatta per impedirne il furto od il saccheggio e se è così, l’originale che fine ha fatto?
3) Come, chi, e perché lo ha rotto?
4) Che fine ha fatto il pezzo mancante?

Purtroppo ormai a questi interrogativi sarà molto difficile dare una risposta, l’unica cosa che rimane certa è che l’oggetto conservato è stato testimone dei secoli di gloria della città di Genova e quindi lo possiamo annoverare tra gli oggetti mirabili che il patrimonio artistico italiano.

Bibliografia:

Daniele Calcagno “Il mistero del Sacro Catino” ECIG Genova
Autori Vari “Il Santo Graal, un mito senza tempo da medioevo al Cinema” De Ferrari Genova
Marcenaro Caterina “Il tesoro della Cattedrale a Genova” Carige Genova

Ringraziamenti:
Dott. Ezio Baglini



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